Lesione meniscale interna
Il menisco interno ha un grande corno posteriore. Il corno anteriore non ha, invece, alcun ruolo fisiologico e in genere non può essere leso. Il menisco esterno può, invece, presentare una lesione del corno anteriore. Una confusione sembra esistere tra le lesioni del corno anteriore del menisco interno e quelle del menisco esterno; Il menisco interno, al contrario di quello che è stato spesso scritto, non ha alcun ruolo di trasmissione di pressione tra il femore e la tibia. Quando subisce tali pressioni, si strappa e si rompe in lunghezza.
Il menisco interno ha talvolta un ruolo nel controllo laterale e particolarmente nel controllo della rotazione. Durante la rotazione interna della tibia, il menisco interno non rischia niente. Durante la rotazione esterna della tibia, invece, è attirato verso il centro dell'articolazione e può provocare una lesione del legamento crociato anteriore. Questo spiega, da una parte, l'origine delle lesioni meniscali e, dall'altra parte, la più frequente sollecitazione del corno posteriore.
Il secondo meccanismo di lesione del menisco interno è la flessione forzata del ginocchio. Qualunque persona, che ha già uno stadio di pre-artrosi o di inizio di artrosi e che si mette in flessione forzata del ginocchio, può, alzandosi, provocare uno strappo meniscale.
È per questa ragione che l'età solita di tale tipo di lesione è verso i quarant' anni e che non esiste alcuna lesione legamentosa sopraggiunta, al contrario del meccanismo precedente, dove la rotazione può provocare una lesione del legamento crociato anteriore.
Uno shock diretto sul lato interno del ginocchio non determina praticamente mai una lesione meniscale. Se lo shock è dal lato esterno, non c'è lesioni meniscale esterna, ma ci può essere una lesione del menisco interno a causa del contraccolpo.
Per quello che riguarda la sintomatologia, le lesioni anatomiche e la sintomatologia si evolvono simultaneamente. Con un'anamnesi precisa, si debba, non solo fare una diagnosi di lesione meniscale interna senza artrografia, ma si debba anche fare la diagnosi del grado di lesione, sia che si tratti di una striscia o di una linguetta oppure di una lesione di tipo 1 o di tipo 2.
Si può arrivare con un ragionamento di una semplicità estrema ad una diagnosi anatomica precisa. Lo illustra l'esempio che segue: si tratta di un paziente che ha subito un incidente di torsione con un dolore interno e un travaso sinoviale. Ha impiegato quindici giorni per ristabilirsi poi, giocando a pallone, è stato vittima di un nuovo incidente di rotazione. Da quel momento, ad ogni incontro calcistico, talvolta diverse volte durante lo stesso incontro, ha accusato sia dolori interni, sia un blocco più o meno passeggero, sia un idrartro passeggero, sia un'instabilità. Questo paziente è passato dallo stadio dello strappo meniscale semplice (poiché aveva solo dolori), allo stadio di rottura longitudinale poiché presenta dei blocchi. Se non si operasse e se si avesse la possibilità di vedere questo paziente nel periodo terminale, direbbe: "Da sei mesi o un anno, non ho più blocchi, ma ho ancora dolori interni, idrartro ed instabilità". È evidente che ha rotto il menisco nella parte anteriore, posteriore, oppure in mezzo.
Per quello che riguarda la diagnosi clinica differenziale tra una fessura orizzontale e una fessura verticale, si precisa: "Quando esiste una fessura verticale e uno spostamento del menisco, il condilo si trova all'interno della fessura e la trasmissione delle pressioni si effettua direttamente dal femore alla tibia. Questi pazienti hanno semplicemente un blocco leggero, ma non presentano zoppia. Invece, se esiste una fessura orizzontale o molto obliqua, ci sarà sempre un ostacolo che si interporrà tra il femore e la tibia e, di conseguenza, ogni volta che il paziente metterà un piede a terra, avrà per forza una zoppi a o un passo insicuro. Quando si interroga un paziente, bisogna chiedergli: “Lei zoppicava mentre il suo ginocchio non si poteva estendere?”. Se risponde di si, si può affermare che esiste una fessura orizzontale. In questi casi ci sarà una differenza, durante il blocco, nel grado di flessione del ginocchio: se la flessione è importante, si può dire che si tratta di una grande fessura. Se il ginocchio si blocca a 20 o 25 gradi, si può affermare che la fessura si ferma vicino al legamento collaterale mediale".
Per le fessure trasversali posteriori il segno del cassetto, con il ginocchio flesso a 90 gradi, è determinante.
Ogni volta che siamo di fronte ad una lesione del menisco interno corredata di una lesione del crociato anteriore, bisogna sempre esaminare il menisco esterno.
Classificazione anatomica
Questa classificazione è limitata al menisco interno. Solo la costanza della morfologia e della fissazione del menisco interno permette di stabilire un sistema coerente nel meccanismo e nell'evoluzione delle lesioni.
Dal lato esterno il menisco è troppo variabile nella sua forma, troppo indipendente rispetto all'apparato capsulo-legamentoso, perché lo stesso trauma vi riproduca le stesse lesioni. Il polimorfismo delle lesioni esterne ha finora diffidato di ogni tentativo di classificazione anatomica, che comporti una corrispondenza clinica.
Caratteri delle lesioni meniscali
A causa della struttura istologica del menisco, la lesione meniscale è sempre una fessura antero-posteriore.
La fessura risiede sempre nel tessuto meniscale.
Un carattere comune delle lesioni meniscali interne è quello evolutivo.
Evoluzione anatomica
Stadio 1
Si tratta di un primo incidente. La fessura si estende dal corno posteriore intatto al margine posteriore del legamento collaterale mediale. Il menisco è relativamente fisso.
Stadio 2
Per mezzo dell'azione dei traumi successivi, la fessura iniziale può estendersi in avanti ed arrivare a livello del margine anteriore del legamento collaterale mediale. La piccola striscia meniscale dello stadio 1 diventa allora una striscia molto più lunga, in grado di lussarsi nell'incisura inter-condiloidea: è la classica rottura longitudinale (ad ansa), lesione meniscale più frequente.
Stadio 3
La fessura longitudinale dello stadio 2 può ancora prolungarsi in avanti per formare una grande striscia meniscale che va dal corno anteriore al corno posteriore. Tale striscia meniscale rimane sempre nell'incisura inter-condiloidea.
Forma che deriva dallo stadio 1
L'evoluzione della fessura iniziale si può anche fare posteriormente e interessare il corno posteriore. La striscia meniscale dello stadio 1 diventa una linguetta fissata da un peduncolo anteriore che rende mobile una parte del corno posteriore. Questo stadio deriva direttamente dallo stadio 1 a causa dell'accentuazione della lesione sul corno posteriore.
Forma che deriva dallo stadio 2
La striscia meniscale lunga e mobile dello stadio 2, passando con forza ogni tanto tra il condilo e la tibia, può diventare più sottile e rompersi. Il suo punto di rottura solito si trova dietro nell'85% dei casi, liberando gran parte del corno anteriore.
Relazioni anatomo-cliniche
La grande striscia meniscale a forma di ansa dello stadio 2 può scivolare all'interno dell'incisura inter-condiloidea. In posizione lussata costituisce, sul piatto tibiale, una cinghia trasversale che limita l'avanzata del condilo nell'estensione. Questo difetto di estensione, mentre la flessione resta normale, costituisce il blocco meniscale vero, sintomatico dello stadio 2.
Sul piano clinico, quando si tratta di una fessura verticale (stadio 2), si assiste ad un difetto di estensione ma la flessione rimane normale. Quando si tratta di una fessura molto obliqua, quasi orizzontale, una zoppia caratteristica si associa al deficit di estensione.
Lo stadio 2 può dare un'instabilità associata al blocco e un'instabilità senza blocco è evocatrice di una linguetta meniscale.
Nelle lesioni meniscali, l'instabilità è dovuta ad un'interposizione transitoria del tessuto meniscale tra il condilo e la tibia.
Allo stadio 3, la grande striscia meniscale non disturba più il rotolamento del condilo sulla tibia. Rimane sempre nell'interlinea. Non esiste più blocco e siamo allo stadio della falsa guarigione clinica.
La caratteristica più importante dello stadio 1 è che non c'è mai stato vero blocco nei precedenti episodi.
Diagnosi clinica
La diagnosi clinica di una lesione traumatica del menisco interno si basa soprattutto sui dati dell'indagine.
Si tratta spesso di un uomo tra i 20 e i 35 anni, sportivo, che va in visita medica a causa di disturbi cronici a livello del ginocchio. Le lesioni meniscali sono più rare nelle donne che presentano il più delle volte una sublussazione della rotula. È eccezionale vedere una lesione meniscale interna prima dei 15 anni.
Le modalità del trauma sono rivelatrici:
Rotazione esterna forzata della tibia,
Distorsione con abduzione forzata,
Estensione dopo flessione forzata e prolungata.
La circostanza più frequente è la distorsione del ginocchio in rotazione esterna, forzata della tibia, su un ginocchio semiflesso in appoggio su un piede.
L'incidente in estensione, dopo flessioni forzate e prolungate, è più raro: dopo la flessione forzata e prolungata, il corno posteriore del menisco si fissa in dietro. Durante l'estensione, non segue il movimento generale del menisco. Ne risulta una fessura meniscale subito allo stadio 2 con blocco.
Quando il ginocchio è semiflesso, la palpazione, schiacciando l'interlinea con il pollice, localizza un punto doloroso interno.
Bisogna distinguere bene questi dolori dell'interlinea, orizzontali, dai dolori verticali situati lungo il margine interno della rotula, che fanno pensare ad una lesione rotulea, e dai dolori situati sul percorso del legamento collaterale mediale, soprattutto a livello delle sue inserzioni, che sono propri di una lesione legamentosa.
Il travaso articolare è spesso presente, senza arrossamento, né calore, né ispessimento peri-articolare.
Il paziente ha la sensazione che il suo ginocchio si sloghi "Ho un nervo che salta", "Ho una pallina nel ginocchio"
È raro constatare clinicamente il blocco che si riscontra più spesso nell'indagine.
L'instabilità si manifesta in particolare quando si scendono le scale o quando si cammina su un terreno accidentato "Il mio ginocchio cede"
L'assenza di sintomo tra le recidive è un segno clinico importante.
L'amiotrofia del quadricipite sarà ricercata.
Dati radiologici
Generalmente, la radiografia semplice non mostra niente, ma permette di riconoscere i corpi estranei di origine rotulea e quelli dovuti all'osteocondrite. Talvolta è possibile constatare un' ossificazione parziale del legamento collaterale mediale o malattia di PELLEGRINI STIEDA, esiti di una vecchia distorsione.