Prima di eseguire i test, non si deve dimenticare di procedere a un'anamnesi esaustiva quanto più possibile della causa del fastidio o del dolore del soggetto. Bisognerà cercare di ricostruire l'avvenimento o la cascata di avvenimenti responsabili di questo fastidio o di questo dolore. Inoltre bisogna porre attenzione a formulare un'analisi fine quanto più possibile delle informazioni fornite dai diversi test praticati sul soggetto e dalla loro indispensabile correlazione. Questo metodo di procedimento rappresenta il modo più affidabile per avvicinarsi a qualsiasi limitazione articolare dell'articolazione sacro-iliaca.
Un test come il TFP (per esempio) isolato non ha alcun valore di per sé e non è sufficientemente affidabile per accordargli un valore diagnostico. Bisogna sia ripeterlo più volte sia associarlo ad altri test che vanno nello stesso senso; ciascuno di questi test preso isolatamente dà un eccessivo numero di falsi positivi e di falsi negativi.
La nozione di asse associato al test tissutale rappresenta paradossalmente la parte ancora mobile attorno alla quale si è organizzata la limitazione articolare.
I test palpatori posizionai non permettono di identificare una reale asimmetria ossea, ma procurano all' osteopata una "sensazione" di posizione nello spazio.
Bisogna inoltre considerare che i differenti test di mobilità, tissutale, posizionale non sono che dei mezzi diagnostici soggettivi che permettono all'osteopata esperto di avvicinarsi alla maggior parte delle diagnosi e di scegliere la tecnica ottimale più adatta al problema del soggetto.
In assenza di un'epidemiologia clinica strettamente osteopatica, bisogna distinguere i test effettuati su dei soggetti sani e giovani che daranno un valore predittivo negativo, essendo la prevalenza della limitazione articolare poco importante, dai test effettuati su pazienti con fastidio e dolore che daranno un valore predittivo positivo, essendo molto elevata la prevalenza della limitazione articolare.
Non dimentichiamo che molteplici sono gli assi, ma per convenzione se ne prendono in considerazione solo tre, il problema e che quasi tutti i test che effettuiamo hanno una componente bidimensionale in quanto il terzo asse è inibito dalla posizione assunta dal paziente e di conseguenza interdetto dal mezzo che lo sostiene, ad esempio il lettino su cui operiamo, lo stesso vale anche per le manovre che dovremmo effettuare sul paziente, risulta necessariamente porre l’attenzione al posizionamento del soggetto, in quanto il controllo assiale tridimensionale del segmento interessato alla manovra correttiva, risulta comunque bidimensionale di conseguenza l’input dell’osteopata deve prevedere questa problematica e porre in essere tutte le modalità tali da ridare mobilità al segmento senza creare un ulteriore cross-over , che si rifletterà attraverso la manovra effettuata, sulle parti non soggette a limitazione articolare, semplicemente per compensazione.