Cirillo Miriani
Qualità dei risultati di un trattamento osteopatico.
Tra le critiche che ci vengono fatte sul trattamento manipolativo (normalizzante), una lamentela comune è che i risultati non sono duraturi, effettivamente a volte questo è vero, ma dobbiamo anche dire il contrario, che su molti pazienti il trattamento tiene per lungo periodo tant’è che molte volte il paziente non ritiene di ritornare per una visita di controllo, proprio perche non avendo dolore o fastidi che gli compromettono il fare quotidiano gli risulta inutile spendere soldi per un controllo di routine. Questo atteggiamento da parte dei pazienti specialmente quelli che hanno una scarsa forza muscolare, debole condizione strutturale e grave degenerazione dei dischi intervertebrali ecc., porta molto spesso ad una ricaduta, a questo punto sembra anche logico dire al paziente quando ritorna in studio con gli stessi problemi di prima “te lo avevo detto che dovevi venire a controllo” ma questo per noi osteopati non deve essere la scusante che ci porta a nasconderci dietro un dito, anzi cerchiamo sempre di dare una spiegazione al paziente di tipo razionale, mentre poniamo le basi del nostro ragionamento sul perche tale condizione si è ripresentata.
Non diamo per scontato che il risultato di una manipolazione sia sempre efficace, anzi in gran parte il risultato finale dipende dalla precisione della diagnosi eseguita e dalla qualità esecutiva della normalizzazione da parte dell’osteopata.
Questo è evidente e va sottolineato perché molti pensano che dal momento in cui una regione da trattare ha fatto "Cracking" e si verifica nel paziente un certo sollievo, tutto è stato fatto, il miracolo è avvenuto e noi siamo diventati i padri della medicina osteopatica, la buona riuscita di un trattamento, deve farci riflettere del perché su un paziente sia andato bene mentre su un altro soggetto non ha sortito gli stessi effetti, del resto nessuno di noi è infallibile.
Tuttavia esiste un mondo di differenza, tra una manipolazione elettiva e una approssimativa, anche se in ogni seduta il cracking si ripete sistematicamente, (ricordiamo anche, che per i non addetti ai lavori e cioè un osservatore esterno, tutte le manovre che eseguiamo sono uguali).
Non dimentichiamo mai che i protocolli osteopatici di trattamento ci dicono che in qualsiasi normalizzazione il dosaggio deve essere adeguato alla struttura del paziente e alla sua funzione muscolare, per cui arrivare alla barriera con il massimo rigore possibile ed eseguire la normalizzazione con la massima precisione possibile, altrimenti se la manovra non è stata sufficientemente precisa il sollievo prodotto dalla normalizzazione ha poche possibilità di durare.
Il risultato è lo stesso se si trascura il rilassamento dei segmenti rigidi sovra e sotto giacenti la zona dolorosa.
Questa "riarmonizzazione movimentale segmentale" è una parte molto importante del trattamento osteopatico, che non deve essere limitato al segmento doloroso. Quando si ottiene una buona riarmonizzazione, la qualità del risultato è talmente efficace che molti osteopati trascurano completamente la terapia fisica che molto spesso risulta indispensabile, su pazienti con insufficienza e scarsa sinergia muscolare o ancor di più, mancanza di controllo dei muscoli posturali che in gran parte sono responsabili della fragilità della colonna vertebrale. Riconoscere questi fattori e programmare un piano terapeutico efficace con un programma di esercizi di correzione posturale è essenziale per la totale riabilitazione del soggetto. Infine, non dimentichiamo la necessità di rivedere il paziente almeno 1-3 volte all'anno per disturbi come spondilosi cervicale o lombare che hanno una normale tendenza al reblocking. In questi casi, la normalizzazione come parte di una strategia globale di riabilitazione, anche se non curativa, può dare sollievo di lunga durata, che nessun’altra terapia può produrre.
Una buona preparazione dell’osteopata alla palpazione dei tessuti permette di apprezzare la persistenza o la scomparsa di cambiamenti locali generalmente accompagnati dai DIM (Difetti Intervertebrali Minori). Se questi cambiamenti persistono dopo il trattamento manipolativo, significa che il problema non è completamente risolto, anche se il paziente si sente meglio e i sintomi sono scomparsi. Un attento e preparato Osteopata non dimentica che la normalizzazione non cambia lo stato anatomico del segmento trattato. Rende invece i DIM più tollerabili e indolori, ma non sempre li fare scomparire completamente. Naturalmente, in queste condizioni, lo stato dell'organismo gioca un ruolo essenziale, non dimentichiamo che certi soggetti con soglie di tolleranza al dolore molto bassa sono tendenzialmente predisposti al reblocking anche da parte di lievi disfunzioni, questo in virtù del fatto che questi ultimi evitano anche quando il dolore è passato di muoversi con efficacia normalità, anzi continuano a mantenere un atteggiamento di difesa per paura di ritornare nella condizione iniziale ed è proprio questo comportamento che deve essere evitato da parte del paziente, con l’aiuto di un programma riabilitativo fatto su misura senza stress e proponendo esercizi semplici, di facile esecuzione e che non inducono nessun tipo di dolore, dopo 30gg, rivedere il paziente (magari senza farsi pagare), e controllare se tali esercizi sono stati eseguiti con regolarità e rigore e se il paziente ha eseguito il tutto con diligenza, a questo punto cambiare il programma di esercizi con uno più impegnativo, e spronare il paziente a fare sempre meglio, senza strafare, questo è il modo corretto di proporre un trattamento osteopatico normalizzante di qualità.
Tutto questo in relazione al fatto che la miglior cura rimane e rimarrà nel tempo la visione olistica del trattamento stesso in tutte le sue forme e figure professionali, se non abbiamo tempo per creare un programma di esercizi, basta indirizzare il paziente presso un fisioterapista di fiducia e collaborare insieme, evitando di fermarci dentro uno studio osteopatico, anzi aprirci quanto più possibile a tutti le figure professionali per allargare sempre di più i nostri orizzonti.
Trazione pettorale
La trazione pettorale influisce sulla circolazione linfatica attraverso un azione sul piccolo pettorale.
Esercitando una trazione cefalica sul piccolo pettorale, aumenta il range di movimento delle prime 6 coste nel corso dell'inspirazione, accrescendo in tal modo la pressione negativa nel torace e il volume del petto, si stima che una aumento di 1 cm del diamentro toracico, aumenti l'assorbimento di aria di 200-400cc, si tratta di una tecnica efficace che può essere utilizzata con relativa facilità per i pazienti con fragilità ossea, per quelli ricoverati in reparti di terapia intensiva e per i pazienti postoperatori.
Dolore al collo e alla scapola? Fai un autotest
Mettersi in piedi di fronte a uno specchio con le braccia rilassate lungo i fianchi: osservate l'area compresa fra la base del collo e le spalle, mentre si fanno delicatamente oscillare le braccia all'indietro, come durante la deambulazione.
Si rileva una evidente contrazione o sporgenza tra la base del collo e la spalla?
Bene si tratta del muscolo trapezio superiore e dell'elevatore della scapola quest'ultimo ha origine dai processi trasversi delle prime 4 vertebre cervicali e si inserisce sull'angolo mediale della scapola, se contratto l'elevatore della scapola traziona alcune vertebre cervicali alte, le quali a loro volta mettono in contrazione anche il muscolo sternocleidomastoideo che lo ricopre nella sua parte superiore, mentre nella parte inferiore l'elevatore della scapola viene coperto proprio dal trapezio, se notiamo questa sporgenza quando si fanno oscillare le braccia all'indietro, significa che il muscolo stà lavorando quando non dovrebbe, ed è quasi certamente contratto; i muscoli al di sotto della scapola, trapezio mediano e inferiore e muscolo dentato anteriore, saranno invece allungati e più difficili da contrarre.
Per cui se notate tale sporgenza e persiste il dolore al collo, rivolgetevi al vostro osteopata di fiducia che saprà velocemente risolvere il problema in corso.
Dare sempre il meglio agli studenti di osteopatia
Come studente in osteopatia avevo un intenso desiderio di sviluppare le mie capacità di diagnosi e trattamento, spesso mi chiedevo perché stavo lavorando così duramente per imparare a sentire ciò che stava accadendo nel corpo di qualcun altro, quando il mio corpo era per molti versi molto più accessibile. Mi sono trovato così ad essere "Paziente e Medico” sul tavolo osteopatico e applicare quei principi e pratica che apprendevo in classe, ma percependo il mio meccanismo funzionale, la mia anatomia, la mia fisiologia.
Come Osteopati, siamo preparati ad essere attenti all’anatomia e la fisiologia di altre persone, ma la nostra?
Molti osteopati non sanno ascoltare i messaggi profondi trasmessi dalla saggezza del proprio processo biologico, e di utilizzare questo riferimento per curare gli altri, con questo non voglio dire che un medico deve ammalarsi per curare gli altri, ma percepire i propri processi biologici funzionali, sicuramente sarà più facile poi percepire quelli patologici sui pazienti.
Una volta ho imparato a riconoscere un fenomeno fisiologico su me stesso, e mi sono accorto che era molto più facile che percepirlo in qualcun altro.
Mi sono reso conto che studiare l'anatomia e la fisiologia, da un libro o ascoltando una conferenza risulta molto difficile, a questo punto per approfondire le mie conoscenze, ho preso come modello anatomico il massimo riferimento possibile, il mio stesso corpo, piuttosto che ottenere informazioni da modelli anatomici di plastica che non ti danno la possibilità di sentire il vero movimento di un muscolo o di un viscere.
Insieme con la sviluppo del mio campo percettivo e la consapevolezza di aver imparato i punti di repere su me stesso, ho capito che ciò può essere applicato anche ai pazienti in modo da velocizzare il processo di guarigione. Negli anni con l'esperienza maturata, ho trovato il modo per insegnare questo ai miei pazienti, dando loro quelle direttive per prendersi cura di se stessi senza essere sempre dipendente da qualcuno altro per il trattamento dei loro malanni, nei limiti delle loro possiblità.
Naturalmente, mi sono chiesto perché il nostro processo educativo di base stato così "esternamente" orientato verso la diagnosi a trattare gli altri, quando sappiamo che il dottor Sutherland ha iniziato la sua indagine osteopatica come un'esplorazione interiore della propria fisiologia funzionale, e allora perché non cominciano tutti con questo orientamento?
Cosi ho suggerito il mio personale metodo di insegnamento agli studenti facendo loro percepire i principi di osteopatia sul proprio corpo, cercando un modo per riprodurre o sostenere esperienze osteopatiche al di fuori del consueto contesto clinico, esplorando quei metodi per aumentare la consapevolezza e la cura di sé e di trasmettere tutto ciò ai pazienti per potersi curare da soli, almeno da quei piccoli disturbi, e proposi all’osteopata solo quando determinati meccanismi fisiologici non gli consentono un proprio controllo intrinseco e di conseguenza possono sfociare in potenziali patologie.
Osteopati attenti alle valutazioni funzionali
Nelle valutazioni funzionali osteopatiche , dobbiamo stare attenti a quei pazienti che molte volte simulano una radicolopatia (specialmente se in giovane età), che ci porta ad un errata diagnosi e di conseguenza ad eseguire un pool di normalizzazioni che non risolvono il problema, creando cosi nel paziente la sfiducia nel trattamento osteopatico, sono sempre piú convinto che un test è poco ma due sono già troppi, un test è rilevante e importante se eseguito con la massima diligenza e attenzione, ma purtroppo gli stessi non sono esenti da errori ed è per questo che a volte rileviamo dei falsi positivi, affidarsi ad una analisi biomecccanica che non sia solo articolare, ma anche muscolare, rende una valutazione funzionale più completa e affidabile, molti sono i pazienti che si presentano con i classici sintomi di una sciatalgia, in questo caso bisogna essere cauti a non dare subito una sentenza, specialmente in assenza di esami radiologici, infatti un paziente che si presenta con dolore nella zona lombare, nella coscia, nel ginocchio, nella gamba, nel dorso del piede, per di più nelle utime due dita del piede, con o senza intorpidimento o formicolio, risulta semplice eseguire alcuni test, che per altro risultano positivi per dire che il soggetto è affetto da una sciatalgia mialgica (sindrome del piriforme) o una radicolopatia, fatto stà che dopo aver eseguito le normalizzazioni del caso il paziente continua a lamentarsi per lo stesso identico problema, e allora?
Certamente il caso impone o che gettiate la spugna e lo spedite da una altra figura professionale, o rimboccarsi le maniche e inziare una analisi più approfondita di quella fatta nella prima valutazione, non sò gli altri colleghi osteopati, ma io sono sempre stato convinto e lo stesso ho sempre detto ai miei studenti, che la riuscita di un buon trattamento e di non trattare subito un paziente che per la prima volta si reca in studio, ma dedicarsi con rigore nel corso della prima visita sulla valutazione funzionale evitando qualsiasi trattamento, affinche non si è certi di aver trovato dove si nasconde la lesione primaria (per quanti ancora hanno voglia di chiamarla così), dopodiche rimandare il paziente al prossimo appuntamento terapeutico, iniziare a studiare il caso e programmare tutte le normalizzazioni da adottare, nelle settimane a venire.
Un falso positivo sciatalgico, presenta gli stessi sintomi di una vera condizione patologica in quanto il soggetto durante la marcia sposta il carico dalla testa del primo metatarsale che dovrebbe sopportare circa la metà del peso corporeo, dico dovrebbe, in quanto talune ricerche non sono perfettamente in linea con questa tesi, molto spesso capita che il secondo metatarsale si accolla il carico del primo metatarsale, in questo caso il piede bilanciandosi sul secondo metatarsale tende ad oscillare come se sotto di esso ci sia una matita tonda, quindi per compensare questo problema la maggioranza delle persone se non tutti, modifica la propria andatura, cosi la parte laterale del tacco e lato mediale della suola delle scarpe si consumano eccessivamente(ecco la prima valutazione da eseguire su un paziente che si presenta in posizione antalgica da sciatalgia), solitamente il piede e livemente ruotato verso l'esterno durante l'appoggio sul tallone e durante la fase di pieno appoggio, la caviglia ruota all'interno (si prona) evertendo il piede a livello del malleolo durante e dopo la fase di appoggio, mentre il ginocchio si porta anch'esso all'interno, verso l'altro ginocchio, la coscia ruota internamente, questo tipo di cammino attiva una contrazione del medio gluteo, che proietta il dolore alla zona lombare, il piede che nel frattempo bascula, mette in strain il muscolo lungo peroniero, che crea un dolore riferito alla caviglia, le bandelette contratte tendono ad intrappolare il nervo peroniero contro il perone immediatamente sotto la sua testa, producendo intorpidimento e formicolio nel dorso del piede e molto spesso debolezza motoria, con piede cadente(tipico della sindrome di Morton).
L'estensione della catena cinetica delle contratture di compenso attivano il piccolo gluteo, che fa ruotare esternamente la coscia a livello dell'anca, causando un dolore riferito nella coscia e nel polpaccio, fino a caricare il vasto mediale che a sua volta crea un dolore mediale al ginocchio, da non confondere con il dolore dei muscoli della zampa d'oca, da non confondere con il dolore riferito di un riverbero radicolare di L3 che si irradia al sartorio e conseguentemente da non confondere ancora con un aneurisma dell'aorta femorale, dove il sartorio stesso ne è il muscolo satellite.
Questi sintomi messi insieme simulano una radicolopatia, che in realta non esite in quanto il tutto è provocato in questo caso, da una disfunzione del primo metatarsale, nel caso in cui non siamo ancora convinti dell'analisi fatta, possiamo richiedere al medico ortopedico una rx dorso-plantare in carico, che delinea chiaramente le ossa del piede, la flessione del primo e del secondo dito del piede a livello dell'articolazione metatarso falangea permette un paragone visivo delle posizioni relative di ogni testa metatarsale.
Molto spesso la causa di questo squilibrio può essere provocato anche da uno spostamento posteriore dell'osso sesamoide prossimale alla testa del primo metatarsale, anche se le ricerche non evidenziano questa condizione, ma essendo noi degli osteopati prendiamo in esame tutto ciò che è possibile.
Per concludere vi sono configurazioni del piede di tipo strutturale o fisiologico disfunzionale del primo metatarsale che introduce una distorsione posturale che richiede un ulteriore sforzo muscolare che i meccanismi fisiologici di compensazione non riescono a stabilizzare, di conseguenza si crea una lesione primaria lontanissima dai dolori proiettati, per cui una serie di lesioni secondarie (che possono essere più di una, in contro-meccanica si evince proprio la teoria che la lesione secondaria in realtà è solamente un modo per identificare i diversi comparti non compensati di una lesione primaria), che si instaurano lungo il decorso della catena cinetica interessata.
Infine le normalizzazioni possono essere quelle tradizionali sicuramente funzionali ma limitate o intervenire in contro-meccanica in maniera differente sia come test che come trattamento normalizzante.
Continuum dello stress
Stress e personalità sono in rapporto tra loro, in quanto il modo in cui una persona percepisce uno stimolo o una situazione , determina in gran parte, la quantità di stress che gli provoca la situazione.
Sulle definizioni del termine stress non vi è accordo, per i nostri scopi, viene definito fattore stressante qualsiasi stimolo o condizione che provoca una attivazione fisiologica superiore a quella necessaria per svolgere una qualsiasi attività.
Questa attivazione eccessiva presenta 3 componenti principali:
1) Risposta funzionale ----------> stress intenso
2) Spiacevole ----------> Piacevole
3) Miglioramento ----------> Peggioramento
Una descrizione completa di un avvenimento stressante deve tenere conto di quanto la risposta ecceda le richieste funzionali, quanto sia piacevole e se causa un miglioramento od un peggioramento.
La risposta fisiologica si basa, ogni volta su un continuum, che ha un estremo , il minimo necessario per fornire l'energia per far fronte quel dato compito, all'altro una risposta fisiologica estrema, che va oltre ciò che è necessario.
Le risposte fisiologiche allo stress includono:
1) un aumento della frequenza cardiaca;
2) un aumento della pressione del sangue;
3) un aumento dei livelli di catecolamine;
4) un aumento dell'aritmia ventricolare;
5) un aumento degli acidi grassi liberi e del colesterolo nel sangue;
Questi fattori indicano quanto un soggetto sotto stress, possa avere dei fattori di rischio abbastanza notevoli, anche in situazioni funzionali apparentemente semplici, come spostarsi in auto quando c'è traffico, in un soggetto normale tale situazione al massimo gli può arrecare un fastidio per la coda o per l'attesa, ma in linea di massima manterrà un attenzione psicologica nella noramlità, in un soggetto stressato tale situazione lo induce ad un aumento dello stato psicologico, reagendo in maniera eccessiva aumentando il rischio di incorrere in numerosi problemi di salute.
Il problema legato allo stress, purtroppo non finisce quando il traffico viene smaltito e la via è libera, anzi, la memoria celluare tende a conservare a livello psicologico tutti gli stressor che si presentano ed accumularli, per poi sfociare in una risposta puramente fisiologia o cosidetta psico-somatica, il riverbero dell'aumento dei paramentri fisiologici sopra descritti manterrà il soggetto in uno stato perenne di stress, infatti gli stimoli non funzionali sembrano influire sulla risposta fisiologica anche a riposo e sopraggiungere specialmente in quei periodi di inattività, dove il soggetto pensa di potersi rilassare e riprendersi da un stato di stress funzionale.
Purtroppo bisogna sfatare il mito che l'attività fisica da sola possa eliminare lo stress, sicuramente potrebbe attenuarlo, non dimentichiamoci che esistono stressor da prestazione fisica, gli atleti di alto livello ne sanno qualcosa, per cui come possiamo eliminare lo stress da sport con lo sport stesso (questo uno dei tanti esempi). Le multiformi componenti che inducono ai diversi stimoli e fattori stressanti, ci fanno pensare che ancora ulteriori ricerche bisogna fare per dare risposta a questa problematica.
Sinusite: la puoi curare con l'osteopatia
La sinusite: una condizione che crea disagio a tantissime persone, l'osteopatia ha tutta una serie di tecniche per favorirne la scomparsa o attenuare notevolmente i sintomi.
A seconda delle specificità potrà necessitare l'applicazione di una serie fra le tecniche, in un ordine e progressione esecutiva che non può essere codificata in quanto dipende dalle risposte del singolo paziente: liberazione della base cranica, drenaggio dei seni venosi cranici, tecniche craniche specifiche (esterne simmetriche o asimmetriche, con dita intrabuccali, etc.), coordinazione dell'azione manuale dell'operatore con la respirazione toracica del paziente, V spread, mobilizzazione sternocostoclaveare, trattamento strutturale di D1 e 1° costa, trattamento miotensivo, fasciale, strutturale del complesso OAE, drenaggio linfatico, mobilizzazione delle ossa della faccia in rapporto coi seni, "pompaggio" dei seni eseguito direttamente o per intermediazione di altre strutture ossee (es. per i mascellari, l'azione è indiretta, con applicazione sugli zigomatici, frontale e temporali), inibizione e stimolazione gangliare, insegnamento di esercizi per l'automantenimento delle correzioni indotte.
Danno epatocellulare come riconoscerlo
Il fegato possiede una considerevole riserva funzionale, ma quando questa si esaurisce il paziente sviluppa segni caratteristici di insufficienza epatica, un danno epatocellulare grave associato a shunt portosistemico può dar luogo ad encefalopatia epatica. Spesso sono presenti segni di ipertensione portale, quali splenomegalia ed ascite, ma il segno fisico più caratteristico e il flipping tremor (tremore a battito d'ala).
Chiedete al paziente di distendere le braccia e di iperestendere i polsi tenendo le dita separate, potrete notare un grossolano tremore involontario ai polsi ed alle articolazioni metacarpofalangee.
Un ulteriore segno è la sonnolenza che progressivamente evolve nel coma, i pazienti encefalopatici spesso hanno difficoltà a disegnare una stella a cinque punte e ad unire fra loro dei punti su un foglio.
Come sempre quando notate tali segni bisogna evitare qualsiasi normalizzazione, e senza crearsi il problema scrivere sulla vostra carta intestata la valutazione funzionale eseguta e il riscontro trovato di conseguenza invitare il paziente a sottoporsi ad una visita specialistica.
La migliore terapia per il paziente, rimane sempre e la collaborazione tra gli specialisti.
Le regole del buon sonno
1) Dopo le ore 17.00, ridurre il consumo di caff è, tè, coca cola, cioccolato, spezie,zenzero ed altri eccitanti.
2) Limitare il vino e gli alcolici. In piccola quantità essi risultano sedativi, ma quando si eccede possono eccitare.
3) Meglio un bicchiere di latte tiepido, eventualmente dolcifi cato col miele, prima di andare a dormire: contiene oppiacei naturali, le caseomorfi ne, che possono favorire sonni tranquilli.
4) Mangiare leggero, specialmente la sera. Pasti troppo ricchi, a base di carne, condimenti e grassi animali disturbano il sonno e possono causare risvegli notturni.
Alla sera, preferire cereali integrali, verdure cotte e latticini leggeri.
5) Limitare la TV ed evitare spettacoli troppo coinvolgenti e “sonnellini” davanti allo schermo.
6) Praticare regolarmente attività fisica. Sport di resistenza come nuoto, jogging, bicicletta - come anche camminare - aumentano il dispendio energetico e favoriscono il sonno a patto di essere praticati nella prima parte della giornata. Se praticati nel tardo pomeriggio o di sera rischiano infatti di disturbare il sonno.
7) Praticare yoga, rilassamento (training autogeno) o ginnastica dolce aiutano a rilassarsi ed a ritrovare il sonno.
8) “Staccare” da ogni fatica mentale almeno tre ore prima di andare a letto.
9) Areare la camera da letto prima di coricarsi o, se la temperatura esterna lo permette, dormire con la finestra aperta. Mantenere in ogni caso una temperatura sui 16-18 gradi. Ascoltare un po’ di musica.
10) Evitare di avere delle piante o dei fiori vicino al letto: consumano ossigeno, togliendolo alla stanza in cui si dorme.
11) Il colore della camera può avere un’influenza rilassante. Scegliere per le pareti toni chiari e neutri.
12) Il materasso non deve essere né troppo duro, né troppo soffice. Eliminare guanciali troppo alti: si dorme meglio su quelli anatomici.
13) Crearsi un po’ di relax tra le coperte: fare respiri lenti e profondi, contrarre e rilassare più volte braccia, spalle, collo, viso e gambe. Provare a tenere gli occhi aperti al buio, quando si sente che si chiudono resistere ancora per qualche secondo: ciò stimola il sonno. Ripetere all’infinito sottovoce una parola qualsiasi, contare da uno a cento, contare le “pecorelle”...
14) Coricarsi, alzarsi e mangiare ad orari regolari, in modo da non alterare i ritmi circadiani. Individuare il proprio numero di ore di sonno (da 6 a 10) e rispettarlo (a meno di impegni o recuperi).
15) Se vi è necessità di recupero e se ne ha la possibilità, concedersi un sonnellino di una ventina di minuti, senza superarli, però, altrimenti si entra nelle ultime fasi del sonno profondo dalle quali ci si sveglierebbe a disagio e con la mente confusa. Meglio riposarsi sdraiati che seduti. Si alleggerisce la pressione sui dischi intervertebrali, i fianchi, le ginocchia, le caviglie: i muscoli si distendono e si ristabilisce la circolazione sanguigna.
Osteopatia e Chiropratica disturbano la medicina convenzionale
Da quando è stata scoperta la natura del DNA, la scienza biomedica è stata fondata sulla convinzione che la struttura, la funzione e la salute di un organismo siano direttamente o indirettamente regolate dai suoi geni. Ciò ha condotto al concetto di Supremazia del DNA, la convinzione che i nostri tratti fisici e comportamentali siano controllati dal codice genetico. Gli scienziati hanno poi compiuto un passo ulteriore, sviluppando in seguito l’idea di determinismo genetico, la nozione secondo cui la nostra salute e il nostro destino sono “predeterminati” nel nostro codice ereditario. Di conseguenza, il fatto che una manipolazione chiropratica o osteopatica “esterna” possa alterare l’espressione del sistema disturba la medicina convenzionale.
Bruce H. Lipton, Ph.D.
Professore associato di anatomia - University of Wisconsin